Gender Gap: intervista a Barbara Pescatori

Il nostro attuale governo ha la maggior presenza femminile di sempre, considerando ministre e sottosegretarie. Ma se guardiamo chi siede alla guida dei ministeri, sono solo 8 le ministre, contro i 15 titolari di ministero che si contano fra le fila dei loro colleghi maschi.  

Questo sembra testimoniare che l’attenzione al tema della parità di genere sia sempre maggiore, ma che la strada da fare sia ancora tanta.

Ne abbiamo parlato con Barbara Pescatori, Presidente della cooperativa Think UP, direttrice dell’Auditorium del Massimo di Roma e vicepresidente di ConfCooperative Lazio, provando a capire a che punto sia il cosiddetto gender gap, in particolare nel mondo del lavoro.

Il report Eurostat relativo al 2019 riferisce una differenza di quasi 20 punti percentuali fra l’occupazione femminile e quella maschile in Italia. La pandemia potrebbe aver peggiorato la situazione?

La pandemia non ha fatto altro che acuire questo divario, portando l’occupazione femminile ai minimi dal 2016, con un 47,5% che parla da solo e non necessita interpretazioni. Se vogliamo sintetizzare bruscamente questo dato, possiamo dire che la pandemia ha riportato a casa una donna su due“.

Quali sono le ricadute sociali di questa situazione?

“Il contraccolpo economico subito dalle donne, in questo periodo buio, evidenzia senza dubbio un disagio economico, ma anche sociale. Tutti noi sappiamo quanto la libertà e l’autonomia di scelta passino anche per la via dell’indipendenza economica. Il vero timore è che si possa tornare indietro e faticare ancor di più per fare passi avanti. Credo che per il cambiamento sia fondamentale che uomo e donna siano complici in questo cammino, prezioso per tutti.
La rappresentanza femminile e il suo giusto riconoscimento economico sono il tassello che ogni società moderna e aperta deve contemplare per comporre il quadro di un vero passaggio culturale”.

Quali passi sono stati compiuti negli ultimi due anni per eliminare gli ostacoli alla parità fra uomo e donna nel mondo del lavoro?

“Penso alla legge sulla parità salariale approvata dalla Regione Lazio e allo stesso provvedimento nazionale, ora alle battute finali in Parlamento, alla strategia nazionale per la parità di genere 2021/2026 della Presidenza del Consiglio dei Ministri del Dipartimento per le  Pari Opportunità e, non ultimo, all’agenda 2030 che tra i suoi goals ne dedica uno relativo alla gender equity. Insomma, diversi passi che finalmente seguono una linea univoca, una strategia capace di unire tutti i gangli vitali del Paese. Rimane da vedere come e quanto le aziende sapranno e vorranno mettersi in regola con questi provvedimenti. E, aggiungo, quanto e quando lo Stato sarà in grado ad emanare provvedimenti regolatori e sanzionatori verso chi non rispetta la norma. Perché le leggi senza un apparato sanzionatorio adeguato sono difficili da far rispettare”.

Ci sono dati incoraggianti?

“Il fatto che le donne non mollano, danno battaglia sui temi più importanti. E non hanno più paura di autorappresentarsi come un mondo portatore di esigenze, qualità e valori in gran parte non ancora dotati di adeguata rappresentanza. Sul lato concreto c’è ancora moltissimo da fare, c’è una cultura sedimentata da cambiare“.

L’impressione è che il tema della parità di genere sia molto presente sui media: a questo corrisponde anche una maggior presenza nell’agenda politica nazionale ed europea?

“Si, sui media è presente. A volte però, questo va detto, non esattamente nei termini più adeguati ad un moderno dibattito su un tema così importante. C’è spesso nei media la tendenza a rappresentare le donne come una specie in via di estinzione, una minoranza da salvare. E questo influenza molto il modo con il quale la tematica si inserisce nell’agenda politica nazionale e internazionale; quasi come un’emergenza temporanea, che il giorno dopo può essere accantonata per poi essere ripresa quando la situazione torna ad apparire insostenibile. Lo storytelling più corretto, a mio parere, dovrebbe invece vertere sul racconto di un mondo inesplorato di competenze, di valori, di idee e di potenzialità umane e professionali di cui un Paese moderno non può fare a meno. Va comunicato che le donne nella società ci sono, ma è la loro forza di gravità che va ancorata alla terra, così da non farle sparire dal dibattito una volta che l’apparenza è stata salvata magari con qualche nomina o ruolo sporadico”.

In che modo le cooperative possono favorire il percorso per il raggiungimento della parità di genere?

“Semplicemente rimanendo quel che sono. Contenitori virtuosi di collaborazione orizzontale, di rapporti alla pari, di idee messe in comune. La forza delle cooperative è l’esempio che sono capaci di dare, che va al di là di mille parole o documenti. La cooperazione è una scelta di parità, di sacrifici condivisi, di condivisione. Fra persone, senza distinzioni“.

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